Ciro, un vero amico

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  1. Teenar
     
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    Ciro, un vero amico.


    “Anche stamattina non mi ha salutato”, si era messo in disparte e senza proferire un suono, l’aveva osservata mentre si allontanava.
    Ricordava che fino a qualche mese prima, il comportamento di Elisa era molto diverso e per certi versi, molto più apprezzato da lui, inoltre, rispondente all’amicizia che pensava ci fosse fra loro.
    Certo l’amicizia che in passato li aveva uniti, era molto forte e lo sapeva benissimo, infatti, pensandoci, riusciva a ricordarsi ogni singolo evento, come se fosse filmato da una telecamera, anche se di quell’aggeggio non ne sapeva niente.
    La televisione, quella sì che la conosceva! Ricordava, infatti, quando con Elisa, allora erano entrambi giovani, tra un gioco e l’altro, indirizzava a quell’aggeggio furtive occhiate e, nonostan-te non la sentisse particolarmente cara (per lui era priva di sen-timento, quindi da rifiutare), era affascinato dal fatto che lei, la sua amica, la guardasse spesso con attenzione.
    Rimase in giardino.
    La giornata era tiepida e lo permetteva.
    Si ricordò quando, solo l’anno prima, per farlo si era buscato un brutto raffreddore, però allora era il mese di gennaio e quel giorno, inoltre era particolarmente freddo.
    Naturalmente non era rimasto in giardino per sport, bensì per aspettare che Elisa uscisse da casa per porgerle così il suo mattu-tino saluto.
    L’aveva attesa fin nel pomeriggio e solo all’imbrunire, aveva saputo la ragione che aveva costretto la ragazza a rimanere in casa. Un uomo, infatti, diceva alla mamma della sua amica che, si era procurata una forte bronchite e che, per stare bene, avrebbe dovuto assumere alcuni antibiotici.
    “Se sapessi dove prenderli, ci andrei di corsa”, aveva pensato, e nonostante che a quel punto fosse certo che Elisa non sarebbe passata di là, era rimasto imbambolato ad aspettarla, fino a tarda sera.
    Ricordò la brutta sensazione che il malessere gli procurava e per questo, nei giorni che seguirono, fece solo veloci capatine per vedere se Elisa, finalmente guarita, fosse uscita da casa.
    Naturalmente, anche allora era triste ma non perché stesse male, ma, proprio come adesso, perché era parecchio che non usciva con lei.
    Ricordò i luoghi, dove andavano sovente e ammise con se stesso che tra tutti, preferiva il viale della città. Certo, perché quegli al-beri fiancheggiavano la via, dandole un aspetto, a dir poco splendido.
    Spesso aveva avuto il desiderio di chiedere se la sua amica fosse guarita e nonostante qualche volta ci avesse provato, non aveva ricevuto nessuna risposta.
    “Chissà”, aveva pensato, dando fondo a tutta la sua pazienza, “Forse non mi sono spiegato bene”.
    Poi, come ogni cosa, tutto era tornato alla normalità.
    Elisa aveva ripreso a uscire con Ciro, che impettito per la bellezza dell’amica, si pavoneggiava durante quelle passeggiate, con “chiunque” incontrasse.
    Che si stesse innamorando di lei?
    No! Questo non era possibile, poiché lui teneva moltissimo alla sua amicizia e non avrebbe voluto (né potuto), cambiarla in altro. Anzi l’amicizia che nutriva per Elisa, era talmente radicata che a volte pensava, che non sarebbe mai venuta meno.
    A quel proposito ponderava, che dal primo momento che l’aveva vista, aveva sentito il forte desiderio di essergli amico.
    Era successo molto tempo prima.
    Allora era molto piccolo, oserei dire minuscolo, ma Elisa non lo superava di molto, nonostante che per la sua età, apparisse già matura.
    Ricordò con tenerezza, quando lei lo aveva fatto cadere dal sofà e che lui, nonostante avesse espresso con un grido, un dolore a-cuto alla testa, l’aveva subito perdonata.
    “Piccina”, aveva pensato, “Sicuramente non l’ha fatto apposta, del resto, se non si perdonano gli amici?”.
    Ultimamente però la vedeva distratta, a volte dimenticava di sa-lutarlo e questo gli riempiva il cuore di tristezza.
    Altre, è questo era peggiore, nonostante lui la salutasse mostran-dole tutta la sua amicizia, si accorgeva che lei, addirittura sem-brava non lo vederlo.
    Da vero amico qual si considerava, non aveva pensato nemmeno per un istante, che Elisa lo facesse per cattiveria, anzi si arrovel-lava il cervello per capire le cause che la spingessero a compor-tarsi in quel modo.
    “Che cosa gli starà capitando?”, si chiedeva e questo lo faceva anche durante i pasti e prima di addormentarsi.
    Addormentarsi, questa pratica a volte la dimenticava addirittura, già perché ora faceva parte del servizio vigilanza notturna, così che mentre gli altri dormivano, lui andava avanti e indietro per controllare che ogni cosa filasse liscia. Quello però, che per altri era un lavoro, per lui era una missione e la adempieva con scru-polo, quasi lo avesse segnato nel dna.
    A volte si ritrovava a farlo anche in pieno giorno e non di rado controllava ognuno di quelli che entrava in casa sua, con lo stes-so scrupolo che usava la notte.
    Era diligente, ma questo ultimamente non bastava per attirare l’attenzione di Elisa, inoltre aveva appurato che anche se gridava a squarciagola per farsi sentire, lei non lo filava.
    “Che stia perdendo l’udito?”.
    Questo se l’era domandato qualche settimana prima e, per ren-dersi conto se quella fosse la ragione dello strano comportamento di lei, la mattina dopo, le era passato addirittura davanti, salu-tandola.
    Macché, non lo aveva filato neanche allora!
    Quest’ultima prova però, lo aveva convinto che lei, forse non vedeva bene, infatti, era assurdo che qualcuno, cui qualcun altro attraversa la strada, non lo veda.
    Nonostante questa considerazione, non pensò al modo per farsi notare. Certo, sarebbe potuto salire sui gradini che portavano in chiesa e che lei ogni mattina costeggiava, oppure montare sulla panchina che era a pochi metri dalla porta della sua casa, ma non si sentì di farlo, almeno non allora, perché sperava di sbagliarsi, anzi era sicuro che lei non fosse per niente, né cieca, né sorda ed entro poco tempo, lo avrebbe salutato di nuovo, portandolo an-cora con sé, magari per il viale della città.
    Elisa, però, in quel periodo aveva altro per la testa, in pratica, poiché aveva passato da poco diciotto anni, i pensieri che già in passato le avevano procurato sogni, si stavano realizzando.
    Aveva, infatti, conosciuto un ragazzo e quella, secondo lei, sa-rebbe stata l’esperienza che le avrebbe cambiato la vita.
    Per quel ragazzo trascurava anche gli studi, cosa che in passato non avrebbe mai fatto.
    A questo proposito tra le amiche girava una storia che la riguar-dava. Infatti, si diceva:
    “Se Elisa si trovasse di fronte a una scelta che riguardasse: da una parte il figo della scuola e dall’altra un libro di fisica, senza indugio sceglierebbe il secondo, poiché è un’inguaribile sgob-bona”.
    Ciro naturalmente, era all’oscuro che lei avesse conosciuto un giovane, anzi, chissà come avrebbe reagito se avesse saputo che Elisa, la sua più cara amica, aveva un ragazzo?
    Conoscendolo, forse in un primo momento avrebbe dissentito, ma poi, sicuramente sarebbe stato contento per lei.
    Quello stato di cose aveva continuato per ancora un po’ di tempo e Ciro, cominciava a soffrirne eccessivamente, infatti, a un certo punto per la prolungata mancanza di contatto con lei, cominciò a estraniarsi dal mondo, passava le mattine e le sere nella pigrizia più assoluta e, a parte i momenti in cui Elisa attraversava la sua strada, per il resto del giorno, non muoveva un muscolo.
    Certamente non era normale quel comportamento, infatti, a quel punto, chiunque si fosse trovato nella sua situazione, si sarebbe risentito e invece che abbattersi, avrebbe reagito, magari cantan-done quattro al falso amico. Lui invece non reagiva per niente, aspettava e basta e questo avrebbe sicuramente fatto rabbia a chi avesse saputo quella storia, anche se poi, alla fine avrebbe capito.
    Certo chiunque avrebbe capito, perché sembrava, e a volte era palese, che Ciro avesse anche questo, scritto nel suo dna.
    “Ecco”, pensò un giorno, vedendo Elisa in compagnia del suo ragazzo, “Per questo motivo non mi saluta più, ha un altro ami-co!”.
    Non capì subito che a irritarlo fosse la gelosia, fatto sta, che su-bito, mostrò chiaramente al giovane il suo disappunto.
    Ora Elisa lo aveva visto e lo chiamava di nuovo, ora finalmente lo notava.
    “Ti prego Ciro, fai il bravo!”.
    “Ecco”, pensò Ciro, “Perché torni a chiamarmi, dovrò contrastare quelli che porta con sé!”.
    Così continuò ad abbaiare con livore, mentre la ragazza, cercava di trattenerlo, ripetendo ancora.
    “Ti prego Ciro, fai il bravo!”.
    Ora era contento e nonostante abbaiasse forte, di tanto in tanto, scodinzolava, quasi a mostrare a Elisa, che stava semplicemente scherzando.

    Fine

    Ho scritto questa storia perché so di un cane che porta questo nome. Conosco, tra l’altro il suo “padrone” ed ho immaginato ogni cosa, comparando l’amicizia di questi animali a quella u-mana, ovviamente meno tenace e duratura.
    Qualcuno potrebbe definire l’amicizia che un cane dimostra: opportunismo, ebbene, anche se fosse, sicuramente sarebbe mol-to minore di quello che un doppiogiochista umano è in grado di produrre.

     
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  2. Risoli
     
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    Ho avuto paura. Alle ultime righe ho tremato, ma è andata bene e ringrazio l'autore per non aver scatenato in me 'la sindrome della pietà'. Urge chiarimento veloce: non reggo le storie ove gli animali soffrono e periscono miseramente (non ho mai voluto vedere il film Zanna Bianca dopo aver letto un po' del libro).
    Premesso questo, bello. A parte un'imperfezione sintassica che non cito, il testo scorre e appassiona, commuove e poi dà un filo di sollievo, anche se comunque la tragedia intrinseca persiste. Veritiero, anche questo... e scatena in me la rabbia per certi comportamenti, io che per un animale mi spacco in due... eppure certi atteggiamenti esistono.
     
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  3. ELIPIOVEX
     
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    A me ha fatto molta tenerezza Ciro.
    E' vero che a volte gli animali sono meglio degli uomini ;)
     
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  4. lion085
     
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    Sono rimasto entusiasta di questa storia, perché, diversamente da quelle che, sempre in questo concorso, leggo, si presta a più interpretazioni. In pratica non si parla delle solite storie che riguardano esseri umani, belle senz'altro, ma secondo me, non caratterizzate da nuove idee, inoltre, sempre dal testo, si evince chiaramente che l'essere umano è estremamente labile nei sentimenti. Purtroppo ho a disposizione un solo voto quindi, non potro onorare anche questo racconto di quello che meriterebbe.
     
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  5. annunziatanicoletta
     
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    Questa storia mi ha colpito, forse perchè vivendo con un cane, mi rendo conto della sensibilità di questi animali. Mi sembra che il racconto sia riuscito a comprendere la psicologia di questi animali, prima tanto amati e poi spesso dimenticati.
    Quindi ho deciso di dare al racconto nove voti, se li merita tutti.
     
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    Come nove voti? ?__?
     
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  7. attinios
     
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    Solo una cosa di questo racconto mi sconcerta: perché l'autore o l'autrice, si è ostinato a voler dotare il cane in questione di sentimenti. Chiaramente, trattandosi di un racconto, potrebbe starci bene, ma ciò non toglie ed è risaputo, che i cani, come ogni altro animale, non ha deiscernimento né sagacia, cose che fanno di noi esseri umani, i soli possessori d'intelligenza. Certo qualche sentimento l'avranno, ma secondo me, esso si limiterà al solo interesse "personale", in pratica dell'io, inteso come bisogno primario. Comunque ritengo la storia buona e credo d'essere stato il solo a votarla, infatti già dal primo giorno che la lessi, la trovai accattivante, dendole l'unico voto che vedo stampato al suo fianco.
     
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  8. Natoblomov
     
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    :-) mai avuto un cane, eh?
     
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  9. attinios
     
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    Al contrario e voglio bene a tutti gli animali, però da qui a ritenerli intelligenti, il passo è lungo. :)
     
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  10. Natoblomov
     
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    Ma mi pare che oltre all'intelligenza (e comunque ci sarebbe da discutere) gli hai "negato" pure i "sentimenti".
     
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  11. lion085
     
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    Personalmente la penso come Natoblomov, benché alcune volte mi sia trovato a dover escludere sia l'intelligenza sia i sentimenti di questi nobili animali. In un'occasione e senza che l'avessi provocato, un cane mi ringhio contro e dovetti cambiare strada. Del resto poi, pensandoci, non esistono anche tra gli esseri umani, quelli che non hanno, né un filo d'intelligenza, né un minimo di sentimento? image :huh:
     
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    Il fatto che tu pensi di non aver fatto nulla non implica che tu non avessi fatto nulla. ^__^
    Se ti ha ringhiato contro, una ragione ce l'aveva, anche se poteva non essere evidente a te, oppure si era semplicemente alzato con la luna storta (mai ringhiato contro qualcuno che non ti aveva fatto nulla perché non era giornata? ^__^)
     
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  13. Natoblomov
     
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    Quando stavo a Teramo, un mio coinquilino una sera è tornato a casa con un simpatico bastardello appena salvato da un "linciaccio" da parte di un branco di randagi. Be'...per farla breve... ha fatto amicizia con tutti, ma 'sto mio amico che l'aveva salvato era diventato inavvicinabile... appena qualcuno faceva una mossa che poteva sembrare un'aggressione verso 'sto tipo (una pacca sulla spalla, una finta) il cane s'avventava ringhiando. Anche per la fidanzata era diventato problematico fargli gesti d'affetto in presenza del cane! ;-)
    Dalle mie parti questa si chiama gratitudine. Ed è un sentimento che molti umani faticano ad esprimere.
     
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  14. attinios
     
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    Mi inchino all'evidenza e recito il mea culpa, ora voglio sperare che non mi diade più addosso :P, inoltre, mai avevo ascoltato avvocati tanto preparati e non sono ironico.
     
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  15. Mariodm93
     
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    Gli animali hanno dei sentimenti e a volte sono più nobili di quelli degli esseri umani. Questo racconto non fa altro che dimostrarlo, certo, in maniera "romanzata", ma davvero avvincente.
    I cani, poi, possono essere tra quelli più intelligenti e, forse, anche tra quelli più "sensibili".
    :)
     
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16 replies since 30/11/2008, 18:34   287 views
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