L'ora giusta

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  1. Teenar
     
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    L’ora giusta

    L'attesa era finita. Il suono del pendolo appeso alla parete annunciava che l'ora di agire era giunta. Fuori la nebbia non lasciava presagire che il viaggio sarebbe stato confortevole. Però, anche se non nelle migliori condizioni, non si poteva più attendere. Con molta calma Anna si infilò gli stivali mettendovi dentro i pantaloni per evitare di sporcarsi con il fango copioso presente in strada. Non le dava tanta importanza essere presentabile a tal punto di doversi preoccupare dei vestiti. Però le dava fastidio l'idea che un piccolo particolare mandasse a monte tutta l'operazione. Era stato pianificato tutto nei minimi dettagli, ogni pedina al suo posto nel momento giusto. Proprio per questo aveva paura di rovinare qualcosa. Doveva assolutamente attenersi alle direttive. Chiusa la porta di casa si incamminò verso la sua auto, posteggiata poco lontano da casa. Le luci dei lampioni, diffuse dalla nebbia, creavano un'atmosfera ovattata ed irreale. La quiete della strada deserta faceva riecheggiare i passi di Anna, dandole l'impressione di essere seguita. I sensi in allerta, come prima di una caccia, donavano alla ragazza un'aria ancora più misteriosa del lungo spolverino di pelle che indossava. Una pantera nella notte, pronta ad attaccare al minimo sentore di pericolo. Mentre camminava Anna pensava a quanto fosse strana tutta questa situazione. Fino a pochi giorni prima era una normalissima segretaria, ogni giorno il lavoro, monotono, sempre dietro alla stessa scrivania, a subire le angherie dei superiori, sempre pronti a criticarla. Non c'era giorno che non avessero qualcosa da imputarle. Però tutto questo era finito, era riuscita nel suo intento. Ancora poche ore e la vita degli ultimi anni sarebbe stato solo un lontanissimo ricordo. Negli anni aveva appreso informazioni e tecniche che da una semplice segretaria non ci si aspetterebbe mai. Anzi le cose che più le avevano dato problemi erano la stenografia e la dattilografia. Si trovava molto meglio con un accetta in mano che davanti ad una macchina da scrivere, per lei cresciuta in montagna era normale tagliare la legna. Sin da piccola era stata abituata a piccoli lavoretti, che con il passare del tempo erano diventati veri e propri progetti. Aveva preso una notevole manualità ed una mente acuta e pronta ad apprendere. Era sempre stata molto ambiziosa e aveva cercato in tutti i modi di arrivare molto in alto. Ora finalmente poteva uscire dal grigiume della sua vita e arrivare dove la sua ambizione la portava. Arrivata all’auto aprì lo sportello e facendo attenzione che il lungo cappotto non le desse intralcio alla guida si sedette pronta per partire. Non amava molto guidare nella nebbia, soprattutto la notte. Con molta attenzione mise in moto e si avviò verso la sua meta ad una velocità sostenuta ma non troppo, non poteva correre il rischio di arrivare in ritardo, ma nemmeno non arrivare. Non avrebbe avuto una seconda possibilità, doveva arrivare e fare il suo lavoro quella notte. Nulla avrebbe potuto impedirglielo, chiunque si fosse frapposto fra lei e il suo compito non avrebbe più avuto modo di pentirsene. L’addestramento era stato duro, anni di allenamenti in luoghi sconosciuti, lontano da tutto e da tutti. Non doveva essere scoperta, doveva apparire a tutti una segretaria, nemmeno troppo ambiziosa, un’attenta lavoratrice che eseguiva il suo compito, ma non cercava mai di dimostrare di più di quello che le fosse richiesto. Non sapevano però che i suoi occhi, le sue orecchie erano sempre pronti a captare ogni minimo segno di cambiamento, ogni più piccolo particolare utile al suo vero lavoro. Nessuno sapeva dove passasse il suo tempo libero, tutti credevano che fosse solo una persona solitaria, che non amava la compagnia. Se solo avessero potuto vedere quali fossero le sue occupazioni quando era lontana dall’ufficio, avrebbero preferito non averla conosciuta. L’abilità che aveva nel maneggiare un coltello erano pari solo alla sua voglia di usarlo. Qualsiasi oggetto nelle sue mani poteva diventare un’arma mortale. Le sue spire avvolgevano chiunque fosse tanto malauguratamente capitato nella sua sfera d’azione. Si rendeva conto di essere una perfetta macchina per colpire, fortunatamente per se e per gli altri era votata alla pace, anche se vedendola con un’arma in mano sarebbe stato difficile poterlo affermare. Non era ancora diventata operativa a tutti gli effetti, solo perché era rimasta nell’ombra per anni, in attesa degli sviluppi che avrebbero consentito che l’operazione avesse il suo inizio. Le sue armi non avevano mai offeso nessuno però sapeva bene che nel suo lavoro non sarebbero esistiti solo momenti di tranquillità. Molto probabilmente la sua copertura dopo l’azione di quella notte sarebbe saltata, ma poco le importava, la vita che stava conducendo era noiosa e l’avrebbe abbandonata molto volentieri, pronta ad interpretare una nuova vita. Riusciva a cambiare personalità velocemente, in modo da utilizzare diversi personaggi, pronti per ogni evenienza. Si ricordava ancora quando da bambina le piacesse inventare storie e creare diversi personaggi che poi provava ad imitare. Non sapeva allora che questa sua passione e divertimento giovanile le avrebbero consentito di sopravvivere in un mondo dove al minimo errore sei tagliato fuori. La borsa che aveva portato l’aveva controllata attentamente moltissime volte. Non voleva che nulla mancasse nel momento dell’azione. La borsa dall’esterno poteva sembrare comune. Un accessorio che qualunque donna porta con se. Al suo interno invece erano nascoste armi sofisticate e letali, sia da corpo a corpo che da fuoco. Poteva passare qualunque controllo doganale solo perché la borsa era schermata e poteva essere visto solo quello che non conteneva il doppio fondo, il necessario che una ragazza porta sempre in ogni occasione. La strada per arrivare a destinazione era lunga e molti erano i pensieri che affollavano la mente di Anna. Temeva che al momento di dover compiere il suo dovere qualcosa andasse storto e non potesse dimostrare a se stessa e a chi aveva tanto confidato in lei, quanto valesse veramente. Se così fosse stato non ci sarebbe stata quasi sicuramente una seconda possibilità. Il giorno era quello e non poteva permettersi di dover chiedere una seconda possibilità. Gli anni all’interno della ditta le avevano consentito di carpire segreti importanti per il suo reale lavoro. Aveva raccolto informazioni utili per la creazione del piano che, ora, la stava portando verso la sua vittima. Gli ordini erano chiari, l’uomo doveva essere eliminato. Non poteva continuare a circolare liberamente e lavorare indisturbato. Per anni lo avevano inseguito, ma mai erano riusciti a scoprire chi fosse e dove si nascondesse. Con l’aiuto di Anna erano riusciti a scoprire i suoi traffici, i collegamenti i piani futuri, ma soprattutto adesso quell’uomo aveva un volto, un nome e una vita. Vita ormai non troppo lunga se Anna fosse riuscita a svolgere alla perfezione il suo compito. Il piano prevedeva due possibili alternative di esecuzione. La prima, la più comoda prevedeva un’eliminazione a distanza con armi di precisione. Anna negli anni di addestramento era diventata un’ottima tiratrice. Se non fosse stato possibile colpire da lontano, Anna doveva avvicinare il soggetto, essendo in confidenza per obblighi lavorativi non si sarebbe insospettito, ed eliminarlo senza farsi notare. Come primo incarico Anna avrebbe preferito sicuramente la prima alternativa, non volendo avvicinare quell’uomo un’altra volta. Se, purtroppo, non fosse stato possibile aveva già pronta una fialetta di insulina che all’occasione avrebbe iniettato nell’uomo causandogli la morte per ipoglicemia. L’ora per l’operazione stava arrivando e Anna era pronta. Appena arrivata nel luogo dell’appostamento vide che il piano iniziale non poteva essere messo in pratica. Dal punto in cui avrebbe dovuto sparare la visuale era coperta da un cantiere aperto da poco, probabilmente per un intervento straordinario sulle tubature del gas. Doveva quindi necessariamente intervenire da vicino. Controllò per l’ultima volta l’occorrente. Caricò la siringa con una dose letale di insulina, mise la pistola nell’apposito fodero del suo lungo cappotto e si incamminò verso l’atrio del palazzo. Il rumore dei tacchi echeggiava nella desolazione della strada. Il clima del periodo non favoriva le uscite serali, poteva così avvicinarsi al palazzo senza essere vista. Varcata la soglia controllò che non vi fossero persone all’interno, telecamere di sorveglianza non se ne vedevano, la strada era sicura, poteva agire indisturbata. Non prese l’ascensore perché voleva controllare ogni piano ed ogni possibile via di fuga. Le voci soffuse che le giungevano dalle porte chiuse di ogni pianerottolo le donavano calma. Persone che vivevano tranquillamente la loro esistenza fra casa e lavoro, non sapendo che però nel loro stesso palazzo ci fosse uno dei peggiori criminali, ricercato in ogni angolo della Terra. Arrivata alla porta controllò che non provenissero rumori dal suo interno. Aveva già studiato un piano per poter entrare in casa a quell’ora della notte. Aveva notato che l’uomo provava un debole per la sua bellezza, quindi avrebbe giocato la carta della segretaria che vuole fare carriera in modo alternativo. Se fosse stato necessario sarebbe arrivata a qualsiasi punto pur di poter mettere in pratica la sua azione finale. Apertasi la porta entrò mostrando il suo miglior sorriso. Si tolse il cappotto per rivelare quello che sicuramente non sarebbe potuto passare inosservato all’occhio affamato dell’uomo. Non avrebbe forse dovuto spingersi troppo avanti. L’uomo era già nelle sue mani. L’ora giusta era giunta.
     
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  2. Risoli
     
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    Suspance e dettaglio. Però il finale lascia in sospeso, il desiderio di vedere la pantera in azione viene deluso. Peccato, il genere richiedeva un po' di sangue o sofferenza. non è una questione di sadismo, ma il noir lo vuole.
     
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  3. mpblack
     
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    Concordo con Risoli... e forse uno stile un po' più scorrevole? Ma è un mio parere personale, spero che l'autore o l'autrice non vogliano uccidermi! ;)
     
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  4. Mediana
     
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    Come dice Risoli suspance allo stato puro, peccato per il finale lasciato in sospeso. La lettura però lo trovata piacevole e scorrevole. Lo uccide?
    Consiglio di continuare la storia magari facendola diventare un libro.
     
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  5. Taurus77
     
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    Una buona suspance, ma andrebbe ampliato il racconto. Sono d'accordo che potrebbe diventare un romanzo.
    Non sono d'accordo invece sui commenti sul finale... mi sembra abbastanza evidente come proseguirà.
     
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  6. DAscanifederica
     
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    Strutturato in maniera migliore (finale) sarebbe veramente bello... L'interesse non manca e anche la suspence... Un cosa.. Attenzione alla punteggiatura... Avrei messo qualche punto e virgola in più...
     
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  7. lion085
     
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    IL racconto scorre bene e la suspance è notevole e, per quanto possa valere il mio giudizio, si tratta di un buon lavoro. Il finale poi, non fa altro che mantenere fede a quello che il racconto in sé, continuando ancora nella supance.
     
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  8. Dolceamore.Maria
     
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    A me piace questo stile, un po' nuovo e del tutto intrigante...
     
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7 replies since 30/11/2008, 18:46   204 views
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